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Andrej Belyj (pseudonimo di Boris Nikolaevič Bugaev), tra i massimi esponenti del simbolismo russo, nacque a Mosca il 14 ottobre 1880. Figlio del matematico Nikolaj Vasilievič Bugaev, compì studi di matematica e filosofia. Tra il 1902 e il 1904 entrò in contatto con i maggiori poeti del tempo e guidò il circolo teologico-poetico degli ‘Argonauti’. Si interessò di scienze esatte, di musica, di metrica, studiò il buddismo e il bramanismo. Dal 1912 al 1916 soggiornò nell’Europa occidentale e aderì alle teorie antroposofiche di Rudolf Steiner. Ritornato in Russia nel 1916, divenne fautore di una dottrina che concepiva la rivoluzione come fenomeno mistico. Nell’autunno 1921 raggiunse nuovamente Berlino, dove rimase sino al 1923, anno del definitivo rientro in patria. Si spense a Mosca l’8 gennaio 1934. Belyj esordì in campo letterario con un testo in prosa ritmica, la II Sinfonia (1903), cui seguirono la I, la III e la IV. Nel 1904 pubblicò Oro in azzurro, nel 1908 le liriche di Cenere e nel 1909 il primo romanzo, Il colombo d’argento, già indicativo di una complessa tecnica narrativa e di una prosa ricca di valori musicali. In Pietroburgo (1913), il romanzo più noto, la ricerca è spinta fino alla disintegrazione del linguaggio comune. Belyj salutò trionfalmente la rivoluzione con il poemetto Cristo è risorto (1918), in cui identificava il bolscevismo con la rinascita spirituale del suo paese. Al periodo berlinese risale il tentativo della completa distruzione dei nessi logici e sintattici nella raccolta di poesie Dopo il congedo (1922). Della produzione narrativa degli ultimi anni ci sono noti solo due romanzi, Mosca (1926) e Maschere (1932). Di Belyj in italiano sono stati pubblicati i romanzi Pietroburgo (1980), Il colombo d’argento (1994) e recentemente l’opera in versi Glossolalia. Poema sul suono (2006).