Le poesie giovanili di Belyj possono essere gustate, e in sé e quale inizio del suo lungo e doviziosissimo tragitto letterario, per opere di poesia e di prosa, per interventi saggistici e diaristiche memorie, in un turbinìo costante che già si profila, emozionando, nel trascorrere ingenuo e tuttavia profondamente effuso in questi suoi testi d’avvio, prefiguranti le potenzialità accese e poi neglette e poi riaccese di un periodo prerivoluzionario dove icone del tramonto sembrano apparentare in sé nostalgia e futuro.
Nelle incisioni di Scotti appaiono piuttosto misteriose scritture giunte inattese da mondi lontani. Segnali, impronte, mappe, indecifrabili geometrie cosmiche. Escursioni materiche sul metallo: distanze siderali in percorsi ottici ravvicinati e già interiori a chi osserva queste superfici nell’affanno quotidiano della vita. Si intuiscono simboli primordiali, disegni di criptate memorie a cielo aperto per navigatori dispersi, nature calcificate in leggere volute a far sì che la pietra si faccia vento. Ovunque fra i tessuti dei segni, nei fondi raschiati, fra i micropulviscoli ritorti delle graniture è avvertibile un’eco musicale ondulante senza fine.
Andrej Belyj (pseudonimo di Boris Nikolaevič Bugaev), tra i massimi esponenti del simbolismo russo, nacque a Mosca il 14 ottobre 1880. Figlio del matematico NikolajVasilievič Bugaev, compì studi di matematica e filosofia. Tra il 1902 e il 1904 entrò in contatto con i maggiori poeti del tempo e guidò il circolo teologico-poetico degli ‘Argonauti’. Si interessò di scienze esatte, di musica, di metrica, studiò il buddismo e il bramanismo. Dal 1912 al 1916 soggiornò nell’Europa occidentale e aderì alle teorie antroposofiche di Rudolf Steiner. Ritornato in Russia nel 1916, divenne fautore di una dottrina che concepiva la rivoluzione come fenomeno mistico. Nell’autunno 1921 raggiunse nuovamente Berlino, dove rimase sino al 1923, anno del definitivo rientro in patria. Si spense a Mosca l’8 gennaio 1934. Belyj esordì in campo letterario con un testo in prosa ritmica, la II Sinfonia (1903), cui seguirono la I, la III e la IV. Nel 1904 pubblicò Oro in azzurro, nel 1908 le liriche di Cenere e nel 1909 il primo romanzo, Il colombo d’argento, già indicativo di una complessa tecnica narrativa e di una prosa ricca di valori musicali. In Pietroburgo (1913), il romanzo più noto, la ricerca è spinta fino alla disintegrazione del linguaggio comune. Belyj salutò trionfalmente la rivoluzione con il poemetto Cristo è risorto (1918), in cui identificava il bolscevismo con la rinascita spirituale del suo paese. Al periodo berlinese risale il tentativo della completa distruzione dei nessi logici e sintattici nella raccolta di poesie Dopo il congedo (1922). Della produzione narrativa degli ultimi anni ci sono noti solo due romanzi, Mosca (1926) e Maschere (1932). Di Belyj in italiano sono stati pubblicati i romanzi Pietroburgo (1980), Il colombo d’argento (1994) e recentemente l’opera in versi Glossolalia. Poema sul suono (2006).
Maurizio Scotti è nato a Treviglio nel 1958. Si è diplomato all’Accademia Carrara di Bergamo presso la quale è assistente di calcografia dal 1984. Ha realizzato ad oggi, nelle varie tecniche calcografiche, circa centocinquanta incisioni, molte delle quali a colori. Negli anni 1986 e 1996 ha esposto alla Triennale dell’incisione alla Permanente di Milano ed ha preso parte a numerose manifestazioni nazionali. Il suo nome è presente nel Repertorio degli incisori italiani di Bagnacavallo. Oltre all’incisione pratica la pittura e, negli ultimi tempi, la tecnica dell’acquarello, dove ha espresso esiti di grande suggestione. È titolare di un’avviata stamperia d’arte calcografica.